venerdì 22 gennaio 2010

Lo sfagno e le orchidee, un binomio da gestire con attenzione.

Le Phalaenopsis coltivate nello sfagno non sempre sono facilmente gestibili dal punto di vista idrico, soprattutto se si ha poca esperienza nella coltivazione delle orchidee.
Coltivare le orchidee nello sfagno, nel nostro caso specifico le Phalaenopsis, può rivelarsi più semplice del previsto a patto che si adottino delle particolari accortezze nell’identificazione delle reali esigenze della pianta e nel calibrare il quantitativo d'acqua necessario per non far sviluppare patologie fungine.

Analizziamo alcuni fattori di coltivazione:
tempi di asciugatura;
riposo/semi-riposo;
capacità ritentiva.
fase stagionale.
Per quanto riguarda i tempi di asciugatura dello sfagno occorre sottolineare che la pianta non deve essere innaffiata a scadenze fisse, ma quando il substrato risulta asciutto o quasi asciutto. Questo perché occorre dare il tempo allo sfagno ed alle radici di asciugare parzialmente o quasi del tutto, poiché un substrato troppo bagnato o per lungo tempo mantenuto umido, potrebbe alterare la salubrità delle radici favorendo l’insorgere di patologie fungine.
Un altro elemento fondamentale da tenere in considerazione è la fase stagionale che la pianta attraversa. La fase stagionale incide sui processi di sviluppo e di crescita delle orchidee, sia per quelle che osservano il riposo vegetativo sia per quelle che non hanno fasi di riposo.
Le Phalaenopsis durante la stagione autunnale ed invernale non osservano un riposo marcato e netto, ma rallentano semplicemente i ritmi di sviluppo senza però avere un vero e proprio riposo. Il rallentamento dei ritmi vegetativi è dato dai cambiamenti stagionali quindi dalle caratteristiche della stagione fredda contraddistinta dalla diminuzione delle ore di luce, dall’abbassamento delle temperature, etc. Da tali considerazioni ne consegue che una pianta in fase di semi-riposo (definiamolo così se vogliamo) vegeta con ritmi più lenti e necessita di di minori innaffiature. Un eccesso d’acqua sarebbe mal tollerato dalle radici che a causa dei ritmi ridotti risulterebbero incapaci di assumere l' acqua in eccesso, analogamente le parti aeree dell'orchidea, a causa delle temperature non elevate, non sarebbero in grado di disperdere l'acqua in eccesso attraverso il processo di evaporazione. Durante la stagione primaverile ed estiva, invece, lo sfagno asciugherà più velocemente ed il processo di evaporazione dell'acqua sarà facilitato dalle alte temperature.
La difficoltà della coltivazione nello sfagno nasce in particolare dalla sua elevata capacità ritentiva rispetto ad altri substrati, capacità che determina tempi di asciugatura molto più lunghi e deleteri per la pianta. Da ciò ne consegue che quando si tratta d’innaffiare piante invasate nello sfagno sarà opportuno considerare i tempi di asciugatura di quest'ultimo ed innaffiare con piccoli quantitativi d’acqua forniti al momento opportuno, cioè quando il substrato è ormai quasi asciutto, e nella giusta dose.
Qualora si dovesse sviluppare del marciume radicale questo, con molta probabilità, potrebbe non dare segni evidenti della sua presenza poichè nella maggior parte dei casi le piante coltivate nello sfagno manifestano i primi sintomi della patologia fungina nella parte più interna del vso che di norma non è visibile.
In questi casi, infatti, se si osservano le radici dall'esterno (quelle che crescono in corrispondenza delle pareti del vaso) esse appaiono sane e senza alcuna problematica, mentre quelle interne (purtroppo non visibili perchè si sviluppano nella parte centrale del vaso) possono presentare ingiallimenti e patologie fungine.
La scelta di coltivare le orchidee e nello specifico le Phalaenopsis nello sfagno è una scelta personale che però dovrebbe essere dettata dalla reale esperienza dell’orchidofilo e dalle sue modalità di coltivazione. Ad un orchidofilo con poca esperienza in fatto di orchidee in generale e particolarmente incline ad esagerare con le annaffiature sconsiglierei la coltivazione nello sfagno o al limite gli consiglierei di provare questo tipo di coltivazione non appena avrà acquisito un certa padronanza con i parametri di coltivazione.

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8 commenti:

  1. Ciao!
    Vorrei chiederti un consiglio...dovrei rinvasare una miniPhalaenopsis, perché ha le radici che escono dai buchi di drenaggio del vaso e cominciano a diventare nere anche all'interno, però è davvero piccola (il vaso è alto 4-5 centimetri) e dentro c'è qualcosa tipo muschio, non corteccia. Devo prendere dello sfagno ho spezzettare della corteccia sottile sottile? Ciao e grazie, complimenti per il sito =)

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  2. Puoi utilizzare sia l'uno che l'altro oppure utilizzare un mix di bark di piccole dimensioni e qualche ciuffo di torba. Lo sfagno non è semplice da gestire e i problemi che hai riscontrato sono dovuti ad un eccesso nelle innaffiature.

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  3. Sfagno vivo o secco?
    Qual'è la scelta migliore?,anche se il primo è davvero difficile da reperire

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  4. Come vanno quindi annaffiate le phal in sfagno?
    Io ne ho diverse e alcune stanno già marcendo malgrado le annaffi solo quando sono completamente asciutte e le radici sono di colore argento!

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  5. Se stanno marcendo dovresti cambiare substrato. Evidentemente non riesci a gestirlo in maniera corretta cosa che capita anche ai più esperti.

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  6. Lo sfagno si deteriora come il bark,va sostituito ogni 2-3anni?

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  7. Certo, si deteriora soprattutto se parliamo di sfagno contenuto nei vasi e che va cambiato ogni 2-3 anni. Se invece parliamo di sfagno su zattera il discorso è diverso.

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