sabato 23 agosto 2008

Rinvaso: rinvasare un'orchidea.

Rinvasare un'orchidea è una fase importante della coltivazione poichè le orchidee hanno bisogno di substrati che non trattengano eccessivamente l’acqua e che permettano alle radici di stazionare in un composto abbastanza ossigenato.Con il tempo i substrati tendono a deteriorasi risultando deleteri per la salute della pianta: trattengono troppa acqua risultando asfittici e buoni conduttori di malattie fungine.
Generalmente i rinvasi si effettuano ad intervalli di due anni, ma in alcuni casi può essere necessario rinvasare ogni anno se il substrato di coltivazione tende a degradarsi facilmente o a trattenere troppa acqua a causa della scarsa qualità del substrato di coltivazione o per le costanti innaffiature.

Il periodo migliore per rinvasare coincide con la primavera.

Come rinvasare?


Se si utilizza bark occorrerà metterlo in ammollo nell'acqua per almeno un giorno al fine di permettere all'acqua di penentrarvi ed idratarlo. Dopo la fase di "idratazione" per efettuare un buon rinvaso sarà opportuno utilizzare solo i pezzetti di bark che galleggieranno sull'acqua, mentre quelli che andranno a depositarsi sul fondo dovranno essere scartati poichè non idonei.


Per il rinvaso è possibile utilizzare anche bark da pacciamatura.
I sacchetti contenenti substrato per orchidee non sono l'ideale per la coltivazione delle orchidee, poichè hanno un notevole quantitativo di torba **che di norma trattiene molta acqua** ed inoltre sono qualitativamente scadenti. Possono comunque essere utilizzati qualora non si ha la possibilità di usufruire di altro substrato: in tal caso, prima di procedere al rinvaso sarà opportuno inumidire il substrato qualche ora prima dell'utilizzo.



Rinvaso: come procedere?

Prima di estrarre l’orchidea dal vecchio vaso sarà opportuno bagnare le radici anche 24 ore prima del rinvaso al fine di renderle più morbide e semplici da districare.


Una volta estratta l’orchidea si procede con l’eliminazione di tutto il vecchio substrato e con l'asportazione di eventuali radici marce, deteriorate, secche.

Durante le fasi del rinvaso è immergere l’apparato radicale in una soluzione di fungicida ed acqua per qualche minuto (1.5 ml per litro d'acqua), tutto ciò al fine di effettuare una prevenzione di eventuali malattie fungine.

E' possibile utilizzare nuovamente il vecchio vaso di coltivazione avendo l’accortezza di ripulirlo con acqua e varechina: in questa maniera il vaso risulterà disinfettato e pronto per essere riutilizzato.

Tipi di substrato

Riguardo al substrato da utilizzare non c’è una regola generale, ma ogni orchidea ha le sue esigenze.
Le phalaenopsis ad esempio crescono benissimo in vasi di plastica con materiale inerte tipo il bark (pezzi di corteccia di pino/abete), stesso discorso per il Dendrobium Nobile e per altri generi, mentre altre orchidee tipo il Cymbidium prediligono un substrato composto da torba molto filamentosa unito ad altro materiale quale pezzetti di carbonella di legna, pezzi di polistirolo; i Paphiopedilum che amano composti costantemente umidi e ricchi di calcio prediligono stazionare in vasi con bark di piccola pezzatura, unita a torba molto filamentosa, a pezzetti di conchiglia, carbonella e foglie di faggio.



Ogni orchidea ha le sue esigenze colturali, quindi per poter predisporre un substrato di coltivazione idoneo è bene consultare le schede dei vai generi di orchidee.

Preparare il substrato di coltivazione

Nel vaso che avrete scelto dovrete predisporre uno strato drenante costituito da pezzetti di polistirolo o di coccio che favoriranno il drenaggio dell’acqua in eccesso, inoltre, i pezzetti di coccio o di polistirolo dovranno essere sistemati sul fondo del vaso in maniera tale che i fori di scolo non siano ostruiti.


Forate lateralmente il vaso con un chiodo o un cacciavite a stella scaldati su fiamma, in questa maniera potrete migliorare l’aerazione dell’apparato radicale.

Dopo aver predisposto il drenaggio sul fondo del vaso, mettete un po’ di substrato di coltivazione sul drenaggio e poi adagiatevi su la pianta. Riempite il vaso con il restante substrato senza coprire il colletto della pianta o senza interrare eccessivamente gli pseudobulbi.

Una volta effettuato il rinvaso è bene non annaffiare l’orchidea per circa 7/10 gg, ma vaporizzare l’apparato fogliare una due volte al giorno; fornire poca luce e non concimare fino alla ripresa dell’attività radicale.


La regola di non innaffiare l’orchidea dopo il rinvaso vale per tutte le orchidee tranne che per i Paphiopedilum e per i Phragmipedium che devono essere innaffiati subito dopo il rinvaso.

Il rinvaso può essere evitato se le orchidee sono coltivate su zattere e tronchetti.


Rinvaso causato da marciume

Il periodo migliore per rinvasare un’orchidea coincide con la primavera, in questa maniera si sfrutta tutta la forza vegetativa della pianta. Nei casi in cui le orchidee sono attaccate da marciume è bene procedere con un rinvaso d’emergenza indipendentemente dalla stagione. Il rinvaso d’emergenza è necessario nei casi in cui l’orchidea presenta chiari sintomi di marciume radicale o all’altezza del colletto/fusto. Se l’orchidea fa resistenza durante la fase di estrazione dal vaso, è bene bagnare le radici come detto in precedenza, in questa maniera si faciliterà l’operazione di etsrazione.

Dopo aver svasato è opportuno controllare l’apparato radicale, tagliare con forbici sterilizzate su fiamma tutte le radici marce, togliere il vecchio substrato di coltivazione e immergere l’orchidea affetta da marciume in una soluzione di fungicida ed acqua per circa un’ora (cira 2/3 ml per litro d'acqua).
Una volta somministrato il fungicida bisognerà posizionare l’orchidea su una base con il colletto rivolto verso il basso in maniera tale da permettere all'acqua presente all'interno delle ascelle fogliari di defluire completamente. Quando le ascelle fogliari e l’apparato radicale risulteranno asciutti si procede al rinvaso, non si innaffierà per circa 7/10 giorni, ma si procederà con una due vaporizzazioni giornaliere delle foglie e del substrato più superficiale avendo l'accortezza di fornire meno luce.

Trascorsi i 7/10 giorni si potranno riprendere le annaffiature in maniera molto graduale e le concimazioni saranno effettuate quando l’attività radicale sarà nuovamente attiva, cioè quando le radici inizieranno a svilupparsi.


Per ulteriori informazioni consultare il forum

Share/Save/Bookmark

PAPHIOPEDILUM Orchidea

I Paphiopedilum
sono costituiti da circa una cinquantina di specie. Sono orchidee terrestri e raramente epifite, il loro sviluppo è di tipo simpodiale, sono sprovviste di pseudobulbi e la loro bellezza è dovuta sia alla particolarità delle foglie che dei fiori.


Le foglie: l'orchidea Paphiopedilum presenta foglie coriacee e persistenti che si sviluppano dal rizoma e possono essere screziate o di un verde lucente.

I fiori sono molto belli e decorativi, possono durare anche due mesi mentre gli ibridi possono fiorire anche due volte l'anno.



Il genere Paphiopedilum si suddivide in due guppi:

Primo gruppo costituito da Paphiopedilum con foglie di colore verde uniforme che producono un solo fiore. Questo gruppo richiede per la coltivazione ambienti freschi con temperature diurne invernali intorno ai 10 15 °C e notturne intorno ai 7 10 °C, mentre d'estate le temperature dovranno agirarsi tra i 15 18 °C diurni e 8 15 °C notturni.


Secondo gruppo costituito da Paphiopedilum con foglie screziate. Questo gruppo a sua volta si suddivide in due sottogruppi:

Paphiopedilum che producono un solo fiore: gradiscono temperature più fresche durante il periodo invernale con valori intorno ai 15-18°C, mentre in estate sono in grado di sopportare temperature intorno ai 25 °C.;

Paphiopedilum che producono più fiori: durante l'inverno hanno necessità di essere coltivati con temperature più elevate rispetto al gruppo precedente,e quindi le temperature invernali dovranno aggirarsi intorno ai 20-25°. Durante l'estate le temperature dovranno oscillare tra i 25-30°C.

Luce:
i Paphiopedilum non sono particolarmente esigenti in fatto di luce, amano la luce debole e filtrata, per cui se il composto di coltivazione è in ottime condizioni ed anche l'apparato radicale risulta tale, occorrerà fornire luce filtrata al 30%, contrariamente se le radici non sono in ottimo stato occorrerà moderare di più l'esposizione alla luce per evitare l'avvizzimento delle foglie.

Temperature:
a seconda della specie che coltiviamo i Paphiopedilum richiedono diverse temperature detto questo, però, è utilile sapere che molti collezionisti coltivano con ottimi risultati vari Paphiopedilum alle stelle temperature senza mettere in atto differenze di coltivazione.

Umidità ambientale:
è molto importante e deve essere associata anche ad un buon movimento d'aria essenziale per garantire la buona salute all'orchidea.

Annaffiature:
l’elemento fondamentale da rispettare è quello di non far asciugare il composto in cui coltiviamo i Paphiopedilum. L’umidità ed il mantenimento della stessa nel substrato dipende dal tipo di composto utilizzato per la coltivazione, dalla dimensione dei vasi, dal luogo in cui si trova la pianta, e dallo stato dell’apparato radicale. Esagerare con le innaffiature equivarrebbe a far marcire le radici: nonostante i Paphiopedilum amino stazionare in substrati umidi ciò non sta a significare che vogliano essere innaffiati con frequenza, tutt'altro. La cosa importante e fondamentale è mantenere il substrato umido e non ZUPPO d'acqua.


Ricordatevi sempre di annaffiare nelle prime ore del mattino in maniera tale che le foglie possano asciugarsi prima della notte, pena l’insorgere di marcescenze.

Composto per il rinvaso:
i Paphiopedilum, essendo orchidee per la maggior parte semi terricole hanno qualche esigenza in più rispetto alle orchidee epifite, devono cioè trarre nutrimento dal substrato di coltivazione.

E’ importante scegliere un substrato soffice, che contenga minerali utili per il loro nutrimento e abbastanza drenante, tenete presente che una buona ossigenazione dell’apparato radicale è molto importante. Si parla di ossigenazione perché il substrato non deve essere né stagnante , né soffocante, quindi un giusto substrato è essenziale. I Paphiopedilum, inoltre, non avendo pseudobulbi (riserve naturali di acqua), necessitano di una costante umidità durante tutto l’arco dell’anno.

Al fine di creare tale composto possiamo utilizzare:
35 % corteccia di pino (meglio di abete se ne avete la possibilità) di media e piccola pezzatura. (ricordatevi sempre di metere a bagno la corteccia peralmeno tre giorni in maniera tale che possa idratarsi e pulirsi)
35 % torba di sfagno molto filamentosa
20 % agriperlite, pomice, eolite; (potete anche utilizzare uno solo di questi componenti)
10% materiale calcareo grossolano, rocce o sassi che dovrete preventivamente triturare.

Rinvaso:
generalmente i Paphiopedilum vanno rinvasati ogni due anni in primavera (marzo – giugno) oppure nel periodo autunnale (settembre – ottobre)

In estate le piante non devono essere rinvasate in quanto il caldo notevole tende a stressare più del dovuto la pianta, è quindi buona norma non associare allo stress termico lo stress dovuto al rinvaso.

Oltre a questa regola generale si può inoltre affermare che è buona norma rinvasare i Paphiopedilum quando:

1) le radici sono troppo oppresse all’interno del vaso per cui le annaffiature risultano inefficaci;

2) il substrato di coltivazione è deteriorato;

3) quando ci sono problemi all’apparato radicale.

Fertilizzazioni:
i Paphiopedilum essendo orchidee terricole non necessitano di grande nutrimento poichè raccolgono gran parte del loro nutrimento dal substrato di coltivazione.
In primavera, per sollecitare lo sviluppo di nuovi germogli con una formulazione 30 10 10;
autunno, 20. 20. 20. oppure 18. 18. 18.
E’ importante utilizzare quantità basse di fertilizzante circa 1grammo per litro d’acqua.
Per ulteriori informazioni consulta il FORUM

Share/Save/Bookmark