venerdì 7 maggio 2010

Vanda e affini nel bark, coltivarle nella corteccia è possibile ed utile

Qualche piccolo aggiornamento delle Vanda e affini nel bark.

Vanda ibrido
Ascocentrum ampullaceum
Vanda alpina


Ulteriore stelo
Orgogliosa e deliziata.
Buona coltivazione a tutti.

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martedì 13 aprile 2010

Vanda e affini in bark : aggiornamenti e fioriture


Qualche piccolo aggiornamento delle Vanda e affini in bark.
Vanda ibrido



Ascocentrum ampullaceum
Vanda alpina



Buona coltivazione a tutti.
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mercoledì 17 marzo 2010

Vanda e bark


In autunno-inverno le Vandacee, chi più chi meno, osservano il riposo vegetativo che le porta ad una sorta di stasi sia a livello radicale che fogliare, oppure l'effetto stasi può interessare uno solo dei due apparati, principalmente quello radicale. Durante la stagione fredda infatti, nonostante le vandacee ed i generi o ibridi affini continuino ad emettere nuove foglie anche se con tempi abbastanza lunghi, presentano un apparato radicale dormiente caratterizzato da radici inattive che assumono una colorazione argentea o biancastra. Questa condizione può allarmare gli orchidofili inesperti che, avendo poca esperienza con questo genere di orchidee, non è in grado di capirne i ritmi vegetativi .
Partiamo subito dal presupposto che la maggior parte delle Vandacee riposano a livello radicale durante la stagione fredda e che questa fase dormiente si manifesta attraverso la modificazione dell'aspetto radicale. Le radici, infatti, assumono una colorazione argentea sull'intera struttura della radice soprattutto sulla cuffia radicale. Le radici, quindi, appaiono argentee lungo tutta la struttura della radicee sull'apice radicale, che anziché esseere verde o violaceo, espressione di attività vegetativa in corso, risulta essere grigio, argento o bianco.
Questa condizione è del tutto fisiologica e deve essere gestita in maniera adeguata. Molti neofiti, infatti, tendono a ritenere questa condizione come allarmante, incappando nell'errore più comune e cioè quello di innaffiare la pianta stressandola con quantitativi idrici inopportuni o di cercare metodi di coltivazione che aumentino in maniera sconsiderevole il tasso di umidità. Quando l'orchidofilo compie tale errore la pianta può manifestare vari sintomi, dal marciume del fusto che può insinuarsi come una malattia repentina e senza scampo, al marciume radicale.
Le radici essendo quasi inattive tendono a marcire e questo è il primo campanello di allarme che una pianta manifestare.
Quando le radici sono argentee e quando le temperature non sono alte, ma soprattutto quando la fase stagionale in corso è quella invernale o autunnale, occorre lasciare la pianta tranquilla senza stress inutili, questo vuol dire che la pianta non ha bisogno di essere innaffiata costantemente o di essere mantenuta umida al livello radicale non appena le radici assumono la colorazione argentea.
A complicare la situazione delle vandacee o dei generi affini è la coltivazione a radici nude in ambienti domestici.
La coltivazione a radici nude è preferibile in ambienti quali serre o similari poiché la scarsa umidità ambientale può comportare l'assottigliamento delle radici soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, mentre in maniera marginale nel periodo autunnale ed invernale. Coltivare una Vanda a radici nude può indurre alla falsa concezione che la pianta debba essere innaffiata giornalmente o più volte nell'arco di una settimana. Questi ritmi potrebbero andar bene nella stagione primaverile o estiva ma non nella stagione autunnale o invernale per i motivi citati nella prima parte del post.
Dunque la coltivazione a radici nude oltre ad arrecare probabili danni all'apparato radicale con assottigliamenti delle radici e con la perdita del turgore fogliare può comportare anche marciumi derivanti dagli ececssi idrici.
La coltivazione ideale per questo genere di piante sarebbe quella in serra, ma per chi non può disporre di una serra è possibile comunque attuare delle strategie finalizzate a preservare la salute della pianta.
Le Vandacee, gli Ascocentrum, le Ascocenda, le Vascostylis etc possono essere coltivate nel classico vaso trasparente contenete bark.
Vanda ibrido
Ascocentrum ampullaceum

Vanda tricolor Questa metodologia di coltivazione permette alla pianta di non avere l'apparato radicale a stretto contatto con l'aria secca: l'azione "contenitiva" del bark mantiene un livello di umidità tale preservare la stuttura radicale. Anche la coltivazione nel bark nel periodo invernale necessita di un rallentamento considerevole delle innaffiature poiché come detto in precedenza le radici sono inattive e quindi meno predisposte all'assorbimento idrco.


Leggi anche:

Vanda


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venerdì 19 febbraio 2010

Qualche fioritura su zattera


Visto che gli Oncidium su zattera affascinano molto l'immaginario collettivo degli orchidofili, apro questo piccolissimo post per inserire qualche foto degli Oncidium ormai fioriti. Queste orchidee sono molto semplici da coltivare su zattera anche in condizioni non ottimali per quanto riguarda il quantitativo di umidità.(3 Oncidium su zattere distinte)
Per avere delle buone fioriture e per riuscire ad ottenere più di uno stelo per pianta, come nel mio caso, è importante assicurare bagni di sole molto intensi: la luce è fondamentale per la fioritura e quindi durante tutto l'arco dell'anno è bene assicurare un giusto quantitativo di luce facendo attenzione alle giornate estive in cui la luce è particolarmente intensa. Questo genere di orchidee vegeta facilmente e se ben coltivata è in grado di rinvigorirsi notevolemente.

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domenica 14 febbraio 2010

Le Phalaenopsis e le foglie "lessate" dal freddo.

Le Phalaenopsis sono orchidee da serra calda che devono essere coltivate con temperature gradevoli soprattutto nel periodo invernale. L'esposizione a temperature da serra intermedia, quindi intorno ai 13-15°C, ne rallentano i ritmi vegetativi sia per quanto riguarda l'emissione di nuove foglie sia per quanto riguarda la fioritura. Tali temperature associate ad eccessi d'acqua danno luogo a marciumi radicali che in breve tempo debilitano la pianta portandola alla morte. C'è da dire che in queste condizioni di coltivazione la parola eccesso va considerata ad ampio raggio: può diventare un eccesso anche un piccolo quantitativo d'acqua, questo perchè la pianta a causa delle basse temperature si trova in una fase di stallo che la rende incapace di sfruttare l'acqua assorbita. Possono così svilupparsi i marciumi radicali o in altri casi gli agenti patogeni possono proliferare nel fusto della pianta attacando i tessuti e causandone la morte.

Temperature ancora più basse rispetto ai valori intermedi e quindi temperature intorno ai 10°C o anche meno, possono provocare danni irreparabili alle foglie e la morte della pianta in breve tempo. Esporre la pianta a tali temperature e soprattutto in ambienti esterni, piuttosto che interni, è un grave errore a cui difficilmente si può porre rimedio. Se alle basse temperature associamo l'esposizione agli ambienti esterni il rischio per le piante aumenta poichè queste sono sottoposte agli effetti di svariati fattori debilitanti tra cui le correnti d'aria, l'eccesso di umidità e soprattutto le gelate notturne che "lessano" le foglie in tempi molto rapidi (vedi foto allegate).



Un ambiente interno, anche se freddo, è certamente meno lesivo di un ambiente esterno nonostante questo resti comunque inadatto per questo tipo di piante. Per ambiente interno non riscaldato mi riferisco ad un vano scale o ad altri ambienti casalinghi le cui temperature vanno al di sotto dello standard previsto per le Phalaenopsis.
Per continuare a leggere clicca qui.

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venerdì 22 gennaio 2010

Lo sfagno e le orchidee, un binomio da gestire con attenzione.

Le Phalaenopsis coltivate nello sfagno non sempre sono facilmente gestibili dal punto di vista idrico, soprattutto se si ha poca esperienza nella coltivazione delle orchidee.
Coltivare le orchidee nello sfagno, nel nostro caso specifico le Phalaenopsis, può rivelarsi più semplice del previsto a patto che si adottino delle particolari accortezze nell’identificazione delle reali esigenze della pianta e nel calibrare il quantitativo d'acqua necessario per non far sviluppare patologie fungine.

Analizziamo alcuni fattori di coltivazione:
tempi di asciugatura;
riposo/semi-riposo;
capacità ritentiva.
fase stagionale.
Per quanto riguarda i tempi di asciugatura dello sfagno occorre sottolineare che la pianta non deve essere innaffiata a scadenze fisse, ma quando il substrato risulta asciutto o quasi asciutto. Questo perché occorre dare il tempo allo sfagno ed alle radici di asciugare parzialmente o quasi del tutto, poiché un substrato troppo bagnato o per lungo tempo mantenuto umido, potrebbe alterare la salubrità delle radici favorendo l’insorgere di patologie fungine.
Un altro elemento fondamentale da tenere in considerazione è la fase stagionale che la pianta attraversa. La fase stagionale incide sui processi di sviluppo e di crescita delle orchidee, sia per quelle che osservano il riposo vegetativo sia per quelle che non hanno fasi di riposo.
Le Phalaenopsis durante la stagione autunnale ed invernale non osservano un riposo marcato e netto, ma rallentano semplicemente i ritmi di sviluppo senza però avere un vero e proprio riposo. Il rallentamento dei ritmi vegetativi è dato dai cambiamenti stagionali quindi dalle caratteristiche della stagione fredda contraddistinta dalla diminuzione delle ore di luce, dall’abbassamento delle temperature, etc. Da tali considerazioni ne consegue che una pianta in fase di semi-riposo (definiamolo così se vogliamo) vegeta con ritmi più lenti e necessita di di minori innaffiature. Un eccesso d’acqua sarebbe mal tollerato dalle radici che a causa dei ritmi ridotti risulterebbero incapaci di assumere l' acqua in eccesso, analogamente le parti aeree dell'orchidea, a causa delle temperature non elevate, non sarebbero in grado di disperdere l'acqua in eccesso attraverso il processo di evaporazione. Durante la stagione primaverile ed estiva, invece, lo sfagno asciugherà più velocemente ed il processo di evaporazione dell'acqua sarà facilitato dalle alte temperature.
La difficoltà della coltivazione nello sfagno nasce in particolare dalla sua elevata capacità ritentiva rispetto ad altri substrati, capacità che determina tempi di asciugatura molto più lunghi e deleteri per la pianta. Da ciò ne consegue che quando si tratta d’innaffiare piante invasate nello sfagno sarà opportuno considerare i tempi di asciugatura di quest'ultimo ed innaffiare con piccoli quantitativi d’acqua forniti al momento opportuno, cioè quando il substrato è ormai quasi asciutto, e nella giusta dose.
Qualora si dovesse sviluppare del marciume radicale questo, con molta probabilità, potrebbe non dare segni evidenti della sua presenza poichè nella maggior parte dei casi le piante coltivate nello sfagno manifestano i primi sintomi della patologia fungina nella parte più interna del vso che di norma non è visibile.
In questi casi, infatti, se si osservano le radici dall'esterno (quelle che crescono in corrispondenza delle pareti del vaso) esse appaiono sane e senza alcuna problematica, mentre quelle interne (purtroppo non visibili perchè si sviluppano nella parte centrale del vaso) possono presentare ingiallimenti e patologie fungine.
La scelta di coltivare le orchidee e nello specifico le Phalaenopsis nello sfagno è una scelta personale che però dovrebbe essere dettata dalla reale esperienza dell’orchidofilo e dalle sue modalità di coltivazione. Ad un orchidofilo con poca esperienza in fatto di orchidee in generale e particolarmente incline ad esagerare con le annaffiature sconsiglierei la coltivazione nello sfagno o al limite gli consiglierei di provare questo tipo di coltivazione non appena avrà acquisito un certa padronanza con i parametri di coltivazione.

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