sabato 24 luglio 2010

Vanda Gordon Dillon nel bark

In occasione di Orchibo 2010 ho acquistato la Vanda Gordon Dillon a radici nude ed in ottima forma sia per quanto riguarda l'apparato radicale che fogliare. In un primo momento ho deciso di non invasarla nel bark, ma di lasciarla a radici nude per verificarne l' adattamento.


La Vanda è stata acquistata con uno stelo parzialmente fiorito e con 4-5 boccioli in fase di maturazione.
La coltivazione a radici nude ha previsto nebulizzazioni giornaliere sia dell'apparato radicale che fogliare ed innaffiature giornaliere tramite immersione.

A distanza di circa 10-15 gg dall'acquisto la Vanda ha iniziato a manifestare problematiche sia al livello radicale che fogliare:


al livello radicale le radici ed in particolare gli apici radicali hanno arrestato il loro sviluppo perdendo la spinta vegetativa ed il turgore;

Radici disidratate e costantemente asciutte nonostante le vaporizzazioni giornaliere



Evidente assottigliamento di alcune radici che lentamente muoiono a causa della disidratazione.
al livello fogliare si notano disidratazione e rughe dovuti all'assottigliamento dei tessuti

Per rimediare alla disidratazione causata dalla coltivazione a radici nude e dal mancato adattamento all'ambiente di coltivazione ho deiciso di invasare la Vanda nel bark. L'apparato radicale della Vanda essendo molto sviluppato ha richiesto l'utilizzo di un vaso abbastanza capiente, mentre il substrato utilizzato è costituito da bark nuovo e di medio/grande pezzatura, da polistirolo e da qualche pallina di argilla.

Per sistemare le radici nel vaso senza problemi è opportuno bagnare preventivamente le radici lasciandole in ammollo nell'acqua per qualche ora; successivamente si procede all'invasatura.
Sul fondo del vaso è stato predisposto uno strato di polistirolo e argilla espansa, successivamente s'inserisce l'apparato radicale cercando di raccogliere le radici tutrte insieme al centro del vaso.

S'inserisce poi il bark e qualche pallina di argilla facendo attenzione a non danneggiare le radici
Questo il risultato finale:


la pianta è stata invasata il 09-06-2010
a distanza di 12 giorni (21-06-2010) la Vanda oltre ad avere conservato la splendida fioritrura e portato a termine la schiusa dei boccioli ha riacquistato quasi il 100% del turgore fogliare. (l'alone bianco che s'intravede è il residuo dell'acqua particolarmente ricca di calcio già presente al momento dell'acquisto)




Questo è lo stato attuale alla data 28/07/2010 Come potete vedere la pianta è in piena fase vegetativa: è turgida e sta emettendo nuove foglie.

Oltre all'apparato fogliare ho deciso di verificare anche lo stato delle radici e per far ciò ho svasato l'intero apparto radicale.

Come potete vedere dalle foto ci sono nuove radici in crescita sia nella parte superiore che in quella inferiore.


Le radici che invece presentavano un eccessivo assottigliamento prima dell'invasatura, sono rimaste tali e sono quelle che nella foto qui in basso hanno una colorazione marroncina.Tali radici sono inattive ed è preferibile tagliarle poichè non sono in grado di assorbire acqua in maniera adeguata ma tendono a marcire.

Per completare questo piccolo articolo direi che l'invasatura in questo caso si è resa necessaria ed indispensabile per non arrecare alla Vanda danni irreversibili o difficili da recuperare.
Vi lascio qualche meravigliosa foto del fiore di questa Vanda a cui sono particolarmente legata e che ho soprannominato "la Dark".





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venerdì 7 maggio 2010

Vanda e affini nel bark, coltivarle nella corteccia è possibile ed utile

Qualche piccolo aggiornamento delle Vanda e affini nel bark.

Vanda ibrido
Ascocentrum ampullaceum
Vanda alpina


Ulteriore stelo
Orgogliosa e deliziata.
Buona coltivazione a tutti.

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martedì 13 aprile 2010

Vanda e affini in bark : aggiornamenti e fioriture


Qualche piccolo aggiornamento delle Vanda e affini in bark.
Vanda ibrido



Ascocentrum ampullaceum
Vanda alpina



Buona coltivazione a tutti.
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mercoledì 17 marzo 2010

Vanda e bark


In autunno-inverno le Vandacee, chi più chi meno, osservano il riposo vegetativo che le porta ad una sorta di stasi sia a livello radicale che fogliare, oppure l'effetto stasi può interessare uno solo dei due apparati, principalmente quello radicale. Durante la stagione fredda infatti, nonostante le vandacee ed i generi o ibridi affini continuino ad emettere nuove foglie anche se con tempi abbastanza lunghi, presentano un apparato radicale dormiente caratterizzato da radici inattive che assumono una colorazione argentea o biancastra. Questa condizione può allarmare gli orchidofili inesperti che, avendo poca esperienza con questo genere di orchidee, non è in grado di capirne i ritmi vegetativi .
Partiamo subito dal presupposto che la maggior parte delle Vandacee riposano a livello radicale durante la stagione fredda e che questa fase dormiente si manifesta attraverso la modificazione dell'aspetto radicale. Le radici, infatti, assumono una colorazione argentea sull'intera struttura della radice soprattutto sulla cuffia radicale. Le radici, quindi, appaiono argentee lungo tutta la struttura della radicee sull'apice radicale, che anziché esseere verde o violaceo, espressione di attività vegetativa in corso, risulta essere grigio, argento o bianco.
Questa condizione è del tutto fisiologica e deve essere gestita in maniera adeguata. Molti neofiti, infatti, tendono a ritenere questa condizione come allarmante, incappando nell'errore più comune e cioè quello di innaffiare la pianta stressandola con quantitativi idrici inopportuni o di cercare metodi di coltivazione che aumentino in maniera sconsiderevole il tasso di umidità. Quando l'orchidofilo compie tale errore la pianta può manifestare vari sintomi, dal marciume del fusto che può insinuarsi come una malattia repentina e senza scampo, al marciume radicale.
Le radici essendo quasi inattive tendono a marcire e questo è il primo campanello di allarme che una pianta manifestare.
Quando le radici sono argentee e quando le temperature non sono alte, ma soprattutto quando la fase stagionale in corso è quella invernale o autunnale, occorre lasciare la pianta tranquilla senza stress inutili, questo vuol dire che la pianta non ha bisogno di essere innaffiata costantemente o di essere mantenuta umida al livello radicale non appena le radici assumono la colorazione argentea.
A complicare la situazione delle vandacee o dei generi affini è la coltivazione a radici nude in ambienti domestici.
La coltivazione a radici nude è preferibile in ambienti quali serre o similari poiché la scarsa umidità ambientale può comportare l'assottigliamento delle radici soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, mentre in maniera marginale nel periodo autunnale ed invernale. Coltivare una Vanda a radici nude può indurre alla falsa concezione che la pianta debba essere innaffiata giornalmente o più volte nell'arco di una settimana. Questi ritmi potrebbero andar bene nella stagione primaverile o estiva ma non nella stagione autunnale o invernale per i motivi citati nella prima parte del post.
Dunque la coltivazione a radici nude oltre ad arrecare probabili danni all'apparato radicale con assottigliamenti delle radici e con la perdita del turgore fogliare può comportare anche marciumi derivanti dagli ececssi idrici.
La coltivazione ideale per questo genere di piante sarebbe quella in serra, ma per chi non può disporre di una serra è possibile comunque attuare delle strategie finalizzate a preservare la salute della pianta.
Le Vandacee, gli Ascocentrum, le Ascocenda, le Vascostylis etc possono essere coltivate nel classico vaso trasparente contenete bark.
Vanda ibrido
Ascocentrum ampullaceum

Vanda tricolor Questa metodologia di coltivazione permette alla pianta di non avere l'apparato radicale a stretto contatto con l'aria secca: l'azione "contenitiva" del bark mantiene un livello di umidità tale preservare la stuttura radicale. Anche la coltivazione nel bark nel periodo invernale necessita di un rallentamento considerevole delle innaffiature poiché come detto in precedenza le radici sono inattive e quindi meno predisposte all'assorbimento idrco.


Leggi anche:

Vanda


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venerdì 19 febbraio 2010

Qualche fioritura su zattera


Visto che gli Oncidium su zattera affascinano molto l'immaginario collettivo degli orchidofili, apro questo piccolissimo post per inserire qualche foto degli Oncidium ormai fioriti. Queste orchidee sono molto semplici da coltivare su zattera anche in condizioni non ottimali per quanto riguarda il quantitativo di umidità.(3 Oncidium su zattere distinte)
Per avere delle buone fioriture e per riuscire ad ottenere più di uno stelo per pianta, come nel mio caso, è importante assicurare bagni di sole molto intensi: la luce è fondamentale per la fioritura e quindi durante tutto l'arco dell'anno è bene assicurare un giusto quantitativo di luce facendo attenzione alle giornate estive in cui la luce è particolarmente intensa. Questo genere di orchidee vegeta facilmente e se ben coltivata è in grado di rinvigorirsi notevolemente.

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domenica 14 febbraio 2010

Le Phalaenopsis e le foglie "lessate" dal freddo.

Le Phalaenopsis sono orchidee da serra calda che devono essere coltivate con temperature gradevoli soprattutto nel periodo invernale. L'esposizione a temperature da serra intermedia, quindi intorno ai 13-15°C, ne rallentano i ritmi vegetativi sia per quanto riguarda l'emissione di nuove foglie sia per quanto riguarda la fioritura. Tali temperature associate ad eccessi d'acqua danno luogo a marciumi radicali che in breve tempo debilitano la pianta portandola alla morte. C'è da dire che in queste condizioni di coltivazione la parola eccesso va considerata ad ampio raggio: può diventare un eccesso anche un piccolo quantitativo d'acqua, questo perchè la pianta a causa delle basse temperature si trova in una fase di stallo che la rende incapace di sfruttare l'acqua assorbita. Possono così svilupparsi i marciumi radicali o in altri casi gli agenti patogeni possono proliferare nel fusto della pianta attacando i tessuti e causandone la morte.

Temperature ancora più basse rispetto ai valori intermedi e quindi temperature intorno ai 10°C o anche meno, possono provocare danni irreparabili alle foglie e la morte della pianta in breve tempo. Esporre la pianta a tali temperature e soprattutto in ambienti esterni, piuttosto che interni, è un grave errore a cui difficilmente si può porre rimedio. Se alle basse temperature associamo l'esposizione agli ambienti esterni il rischio per le piante aumenta poichè queste sono sottoposte agli effetti di svariati fattori debilitanti tra cui le correnti d'aria, l'eccesso di umidità e soprattutto le gelate notturne che "lessano" le foglie in tempi molto rapidi (vedi foto allegate).



Un ambiente interno, anche se freddo, è certamente meno lesivo di un ambiente esterno nonostante questo resti comunque inadatto per questo tipo di piante. Per ambiente interno non riscaldato mi riferisco ad un vano scale o ad altri ambienti casalinghi le cui temperature vanno al di sotto dello standard previsto per le Phalaenopsis.
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